Cara Candida, dopo due anni di matrimonio, finalmente mia moglie si è trasferita ed è venuta a vivere nella mia città. Come d’accordo, stiamo in due case diverse, perché abbiamo due figli che hanno bisogno di amalgamarsi prima di poter essere riuniti sotto lo stesso tetto e di abituarsi all’idea di avere due mamme (sia io sia mia moglie veniamo da matrimoni etero). Fra le due, io sono stata la più irruenta, quella che ci teneva a fare famiglia, casa, calore. Io non potevo spostarmi per motivi di lavoro, lei invece è libero professionista e aveva più margini di manovra, perciò si è spostata lei, prendendosi naturalmente molti rischi e andando incontri a disagi che ora si manifestano in tutti i modi, inclusi i problemi di adattamento di suo figlio. Ora, succede che mi sono accorta che mi sento responsabile di questo trasferimento e dei suoi esiti e, soprattutto, mi sento in colpa perché il mio slancio iniziale si è affievolito e mi accorgo che stiamo bene così, in case separate. Anzi, mi sentirei più tranquilla se lei fosse rimasta a 600 chilometri di distanza. Mi sento incostante e colpevole e non so come comportarmi.